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Newsletter #1 L’editoria dopo il digitale Con un’intervista ad Alessandro Ludovico
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→ In sei episodi cercheremo di guardare all’editoria facendo un salto in avanti, proiettando sia lo sguardo che l'immaginazione verso un futuro le cui fisionomie possono essere pensate solo attraverso un definito stacco dal presente. Uno sguardo speculativo che cerca nelle visioni più radicali i segni di quello che, potenzialmente, sarà il nostro presente esteso.
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→ In ogni uscita intervisteremo personalità che con il loro lavoro esplorano i confini di un ambito in continuo cambiamento, passando in rassegna processi innovativi e radicali, talvolta irregolari e dagli esiti incerti, che possano dare vita a nuove modalità di fare editoria, nel senso più allargato del termine.
Insieme a loro cercheremo di immaginare il modo in cui leggeremo, scriveremo, produrremo e diffonderemo i contenuti. Accanto a queste conversazioni, verranno proposti ogni volta dei TIPS, veri e propri consigli di lettura nella rete che possano indicare nuove possibili traiettorie, aperture e mutazioni. |
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A colloquio con...
In questo primo episodio abbiamo conversato con Alessandro Ludovico, ricercatore, artista e direttore della rivista Neural dal 1993, con un dottorato di ricerca sui media presso l’Anglia Ruskin University di Cambridge. Autore di Post-Digital Print. The Mutation of Publishing since 1894 (Onomatopee 2012) e di un nuovo libro sull’editoria «tattica» in uscita prossimamente, Ludovico è da anni uno dei principali ricercatori in ambito internazionale sulla relazione tra editoria e nuove tecnologie.
Con lui abbiamo parlato del futuro del libro, della sua resistenza in quanto oggetto, ma anche del modo in cui le più recenti tecnologie ne stanno ridisegnando i confini concettuali, spingendo l'industria editoriale ad una radicale e inesorabile trasformazione.
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Con lui abbiamo parlato del futuro del libro, della sua resistenza in quanto oggetto, ma anche del modo in cui le più recenti tecnologie ne stanno ridisegnando i confini concettuali, spingendo l'industria editoriale ad una radicale e inesorabile trasformazione. |
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Archiviata la questione relativa all’ibridazione tra formato cartaceo e supporti digitali, abbiamo provato a capire quale sarà la prossima fase che attraverserà l'editoria, quali sono le soluzioni tecniche e metodologiche - per la scrittura e la lettura- che muteranno la forma e la condivisione del contenuto editoriale. E infine discusso con lui di come riconsiderare strategicamente e "tatticamente" gli strumenti tecnologici già disponibili una volta portati fuori dalle logiche quantitative e competitive.
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Noi: A metà degli anni ’60, in pieno boom economico e demografico, Robert Escarpit scriveva che «il libro è indefinibile, quando lo tieni in mano non è che carta: il libro è altrove, è una ‘reading-machine’».
A sessant’anni di distanza e alla luce dell’adozione di massa delle tecnologie di rete, come definiresti il libro oggi? |
Lui: È una domanda complessa, ma allo stesso tempo è un tema assolutamente ricorrente, proprio perché nell’epoca digitale il concetto di libro cambia in maniera veloce e continua. Ho anche provato a darne una definizione abbastanza poetica: |
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«il libro è un dispositivo il cui contenuto può essere solo immaginato, quando non è ancora letto, creando conseguentemente infinite versioni, e che può essere condiviso ed espanso dopo che è stato letto. Comunque, rimane uguale a sé stesso».
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Quello che dice Escarpit però è interessante. Pensiamo per esempio alla differenza tra editoria su carta ed editoria digitale: la questione in questo senso riguarda il concetto di «spazio». Il libro è uno spazio delle idee, uno spazio culturale che è, nella sua natura esperienziale, sempre mutevole.
Il libro tradizionale, finito, è potenzialmente infinito nella sua fruizione e nella sua lettura, lo si può rileggere e riutilizzare tante volte e per diversi scopi, e ogni volta vengono meno delle cose e se ne aggiungono altre. |
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Ma con il libro digitale questa dimensione infinita si fa strutturale, proprio rispetto allo spazio che occupa il dato e che potenzialmente può non terminare mai. Ma la specificità del libro o di una qualsiasi pubblicazione è proprio quella di avere un inizio e una fine, ed è proprio questa finitezza che dovrebbe definire i confini di quel territorio di idee che possono essere fruite e chiamate libro. Ricordo vagamente una definizione di cos’è un libro fatta da Stampa Alternativa (Il lettore a(r)mato), che sosteneva che
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«Con un libro ci si dovrebbe poter fare quel che si vuole: leggerlo in qualsiasi maniera e manipolarlo a proprio piacimento. Una disponibilità, questa, che il libro digitale è meno propenso a offrire, visto che il suo formato è più chiuso e, in un certo senso, più difficile da manipolare». |
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Detto questo, se è vero che ci si avventura in un territorio culturale del quale si percepiscono i confini, non è detto che all’interno di questi confini il viaggio sia finito; anzi, può anche durare molto a lungo, potenzialmente una vita. Ci sono pubblicazioni che ci accompagnano per tanto tempo. |
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Noi: Nel tuo nuovo libro parli di «publishing tattico», un termine che può riferirsi alla solita astuzia del marketing, ma anche all’idea di «guerriglia», ovvero a quelle tattiche di forze irregolari condotte in campo editoriale dal consumatore, da piccoli editori o da artisti sperimentatori con un’intenzione più politica.
Lui: È chiaro che mi riferisco soprattutto alla seconda idea, che è anche uno dei temi di Post-Digital Print, il mio precedente libro, con cui volevo offrire agli editori indipendenti che non fanno del «profitto» il centro della loro azione, una serie di possibili bussole per muoversi in un territorio che è sempre più confuso e arduo da navigare, ossia quello misto dell’editoria tradizionale e digitale. |
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«Un approccio tattico, cosciente della traiettoria dell’editoria contemporanea e di quali sono le attuali regole del gioco, deve essere in grado di elaborare una strategia non necessariamente competitiva». |
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Questo è un aspetto essenziale: se l’editoria commerciale, da qualsiasi punto di vista la si guardi per caratteristiche e tipologia, per sopravvivere deve competere nel campo del mercato e della visibilità, l’editoria indipendente può svilupparsi secondo processi virtuosi in cui vengono stabilite forti alleanze con altre entità. |
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Il contesto
La situazione che sta vivendo l’editoria oggi è estremamente liquida e impone un’attenta analisi del mare in cui si naviga, con una radicalità tattica che metta in discussione la «competizione» come modello di riferimento, al servizio della costruzione di alleanze, altrettanto tattiche, con altri editori, con l’infrastruttura, con gli stessi lettori, che diventano i primi alleati.
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Noi: A più di dieci anni dall’uscita del libro che hai appena citato ha ancora senso parlare di «post-digital», in una società e in un’economia dove la componente «digitale» è ormai così pervasiva? Lui: Il titolo Post-Digital Print fu una sorta di happy accident. Undici anni fa, il termine «post-digital» definiva l’ambito teorico all’interno del quale si cercava di capire cosa sarebbe successo all’editoria mentre veniva investita dal digitale. |
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La questione oggi è diventata invece diametralmente opposta, ossia dobbiamo chiederci come ridurre la presenza digitale, il footprint digitale di ciascuno di noi, e come si possa arrivare a compiere una cernita di quello che abbiamo accumulato fino ad ora in termini umani e affettivi (dati, amicizie, follower e quant’altro). |
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Anche qui dovremmo letteralmente traslare da un approccio quantitativo, che è esattamente quello che l’industria vuole, a uno qualitativo, che riduce il più possibile le interazioni, e che privilegia solo i network di persone con cui veramente voglio fare qualcosa, qualsiasi cosa sia, stimolando dinamiche alternative al di fuori dei meccanismi imposti dall’infrastruttura digitale. |
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Noi: Con Post-Digital Print auspicavi un’ibridazione fruttuosa tra editoria su carta ed editoria digitale. Oggi il dibattitto sembra si stia spostando oltre, non si tratta più solo di ibridazione, cos’altro c’è nel futuro dell’editoria?
Lui: Certo, undici anni fa l’ibridazione era l’argomento scottante.
Il dibattito si dovrebbe spostare su che tipo di sistema editoriale più allargato si voglia fare parte. Questo riguarda soprattutto gli editori indipendenti, perché ancora una volta è lì che si gioca, il futuro dell’editoria, come è sempre stato. Buona parte delle innovazioni nell’editoria sono nate da esperimenti radicali. Noi: Nel libro a cui stai lavorando emergono termini come «senses, software e archive». È possibile ipotizzare che con un ritorno tattico ai sensi non coinvolti dal digitale, quindi per esempio l’intuizione, il gusto personale o l’empatia, si possano riattivare archivi che altrimenti verrebbero riutilizzati esclusivamente dalla meccanica automatizzata del non-umano?
Lui: Il problema che intravedo in questo non-umano – e qui torniamo al marketing – è come viene spacciato, visto che in realtà è il risultato di una sofisticatissima capacità elaborativa di calcolo, impossibile a una persona umana, di materiali e regole che vengono strategicamente decise a priori dagli stessi esseri umani. |
Quando parliamo di lettura e di scrittura automatica abbiamo a che fare con software tesi, in entrambe le pratiche, all’accumulazione di materiale, dove ancora una volta l’aspetto privilegiato è
quello quantitativo. L’aspetto qualitativo è presente nella misura minima per cui il materiale da incamerare sia sufficientemente tollerabile all’interno di una strategia di prodotto. E qui nasce il grande equivoco: |
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«Non è detto che quello che viene generato abbia una qualità paragonabile al dato accumulato, perché è il frutto di un processo automatico che segue semplicemente delle regole statistiche che non riproducono né catturano, come nell’immaginario collettivo, l’intelligenza umana». |
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E l’insidia è ancora più grande perché sono processi nascosti, che non conosciamo perché avvengono nella scatola nera della macchina tramite sistemi sempre più sofisticati di cui non possiamo conoscere l’effettivo funzionamento o le formule che li regolano.
Nel 90% delle applicazioni di intelligenza artificiale contemporanea si può leggere un desiderio di delegare affinché si realizzi finalmente, come in un libro Urania, il sogno che la macchina faccia quello che noi umani non vogliamo più fare. |
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E sugli archivi digitali...
Il problema è che con i contenuti culturali questa cosa non funziona. La questione è proprio quella di ridurre la dipendenza da questi sistemi e se vogliamo anche il loro feticismo, per riconquistare lo spazio, le relazioni e tutto quello che ne può nascere, compresi esperimenti che sfruttano le infrastrutture digitali ma che abbiano però scopi selettivi. |
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In questo senso l’archivio è fondamentale perché, quando propriamente compilato, non è quello di una macchina che legge automaticamente venti milioni di libri, ma è un archivio di più alto livello di fonti, che per esempio hanno passato tutti i filtri necessari a diventare attendibili e utili al proprio scopo; un archivio che, tecnicamente, non cambia con la bacchetta magica di un parametro software. |
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Noi: Se parliamo di nuove tecnologie, tra intelligenze artificiali, blockchain, nuovi formati di publishing elettronico, app, ambienti immersivi e via discorrendo, quali pensi siano le applicazioni tecniche che meritano attenzione?
Lui: Tra tutte le applicazioni tecnologiche, sono personalmente affascinato dalla lettura e scrittura automatica di cui si parlava prima (pensiamo anche ad esempi storici come Tape Mark 1 di Nanni Balestrini nel 1961). Se fatta con estremo criterio, la lettura automatica può rendere disponibili contenuti di ambiti culturali a cui generalmente non avremmo accesso. |
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Noi: Ti viene in mente qualche esempio o ambito di particolare interesse rispetto alla scrittura o lettura automatica?
Lui: Sto seguendo i generatori automatici e le potenzialità sulla scrittura, non tanto a livello di prodotto finito, ma per capire quali sono i limiti di formato a cui si ha accesso. Il punto di partenza è un confronto diretto con quello che è in grado di produrre una persona umana e con il modo in cui ragiona per comprendere come sia possibile evolvere la nostra scrittura.
La cifra più alta che si è prodotta in termini di archivi è quella delle cosiddette shadow libraries (da Library Genesis a Anna’s Archive, a tutti gli altri); ma se il mio accesso culturale a milioni di libri passa per un’interfaccia composta da dieci campi di ricerca via testo o parole chiave, l’archivio diventa in realtà poco accessibile e quindi solo in minima parte sfruttato. Avrei piuttosto bisogno di sapere quali sono i cinque libri che assolutamente devo leggere per scrivere l’articolo che ho in testa.
E lì, per un’ultima volta torno ad annoiarvi con e a insistere su un’idea: |
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«Dobbiamo riprendere coscienza che questo sistema liquido non può non passare da un diverso sistema di relazioni umane.
Per esempio, prima delle shadow libraries, era necessario avere un bibliotecario, quello che in ambito digitale oggi è chiamato custodian, il custode di un contenuto, il quale, oltre a preservarlo dal punto di vista tecnico, dovrebbe valorizzarlo dal punto di vista culturale, indirizzando l’utente nel suo consumo». |
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Come per tutte le questioni contemporanee legate al digitale, si può avere uno scenario completamente distopico, dove abbiamo la scansione sbagliata di cose del passato che diventano ufficiali, la scrittura automatica che ingolfa tutto il sistema culturale e l’editoria che diventa semplicemente un consumo come tutti gli altri. Ma può esserci anche uno scenario virtuoso, che si basa su un utilizzo focalizzato di queste tecnologie, con lo scopo di migliorare quello che già sappiamo fare, ma anche d’inventarci cose nuove.
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| Rebus ink
Costruire un nuovo ecosistema editoriale, basato su principi aperti.
Questo progetto, chiamato Rebus ink, propone un approccio aperto alla lettura accademica e alla gestione della conoscenza, con diversi spunti interessanti per creare uno spazio web di condivisione. |
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Bristol Bath Creative
Una provocazione per il Post-Digital Publishing
Una raccolta di riflessioni e osservazioni su ciò che potremmo intendere per editoria post-digitale, corredata da una breve serie di esempi su come può mutare la forma del libro. |
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| Immer Reader
La missione di questa nuova app di lettura è rendere lo smartphone lo strumento con cui leggere. Le persone leggono sempre meno a lungo e meno in profondità, e spesso danno la colpa ai loro telefoni e tablet. Questa app ha lo scopo di rendere possibile la lettura profonda anche con gli smartphone.
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Storie IIIF
IIIF è un protocollo inter-operabile per la condivisione delle immagini. Con questa applicazione lanciata recentemente da MLOL e basata su IIIF, si possono creare percorsi visuali all’interno di un’immagine o tra dettagli di immagini differenti conservate e digitalizzate dagli archivi che utilizzano il protocollo. Il numero attuale, ma in costante crescita, è di più di 2 milioni di immagini.
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Corso Web Marketing sviluppato con ChatGpt
Negli ultimi mesi si è parlato molto ci ChatGPT, dei suoi utilizzi per la produzione di contenuti in modo automatizzato e in ambito educativo. Questo corso, sviluppato da Matteo Flora, è uno dei primi esempi di un videocorso realizzato interamente con tecniche di Intelligenza Artificiale. Guarda il video
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| Bookchain
Un sistema che consente ad autori ed editori di gestire la tracciabilità, l’attribuzione intellettuale e la distribuzione delle proprie pubblicazioni digitali senza dover passare da un distributore centralizzato. |
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Lettura automatica
Un sistema algoritmico che aiuta a scoprire nuovi libri, non basandosi sul sistema «classico» delle raccomandazioni, ma su un’analisi del contenuto dei testi. |
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Su questi temi, partecipa al ciclo d'incontri in Fondazione Feltrinelli PAGE NOT FOUND
Tre appuntamenti sull'editoria al futuro Primo incontro Come (ci) leggerà la “nuova specie umana”? 22 giugno ore 18.30 Viale Pasubio 5, Milano Ingresso gratuito, prenotazione su dice.fm |
Assistiamo a un mutamento tecnologico sempre più pervasivo. A rinnovarsi non sono solo gli strumenti a disposizione, ma i parametri con cui interpretiamo, giudichiamo e affrontiamo l’idea stessa di “lettura”.
Con l’aiuto di scienziati, ricercatori e addetti ai lavori cercheremo di scoprire come cambia - all’interno dei nuovi ecosistemi editoriali - il modo in cui leggiamo, provando a delineare alcuni dei mutamenti invisibili ma profondi che ci portano a ipotizzare, provocatoriamente, l’emersione di una “nuova specie” di lettori.
Con Shumon Basar
Curatore, artista e designer. Membro del Prada Thought Council ed esperto di Medio Oriente, Basar si interroga sugli effetti dell’avanzamento tecnologico sulla mente umana. Ha curato il Global Art Forum di Doha intitolato The Medium of Media ed è co-autore di The Age of Earthquakes e The Extreme Self, con Douglas Coupland e Hans Ulrich Obrist.
Davide Crepaldi
Professore Associato in Neuroscienze Cognitive presso la SISSA a Trieste, dove dirige il laboratorio di lettura, linguaggio e apprendimento. La sua ricerca fonde psicologia sperimentale, neuroscienze, linguistica e modellistica computazionale per studiare i processi neurali e cognitivi che legano l’apprendimento implicito di regolarità statistiche alla lettura e al linguaggio.
Federico Pianzola è Assistant Professor in Computational Humanities all'Università di Groningen. E' co-founder e managing editor di Enthymema, una rivista Open Access su teoria e critica letteraria, ed è membro del comitato scientifico di IGEL (International Society of the Empirical Study of Literature). Si occupa dell'impatto delle tecnologie digitali e della realtà virtuale sulla letteratura, usando metodi di ricerca computazionali, qualitativi e quantitativi.
Moderano Carlo Antonelli e Lorenzo Gigotti.
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