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Mettere il lavoro al sicuro
“Ci siamo abituati ai bollettini dei caduti Covid alle 18, cui adesso subentra la contabilità delle vittime in Ucraina: nel frattempo, fra le pieghe del normale e dell’ordinario, si continua a morire di lavoro, senza che nessuno intoni neppure il requiem”. Lo scrive Stefano Massini nella prefazione al libro “Morire di lavoro. Le storie dietro i numero di una tragedia italiana” di Marco Patucchi, in edicola con Repubblica.
Il 28 aprile si è celebrata la Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro, a pochi giorni dalla festa dei lavoratori. Il Primo Maggio, come un’impalcatura a protezione dei lavoratori, riporta alta l’attenzione contro l’assenza di tutele che grava sul mondo del lavoro. Ma da quell’impalcatura le persone cadono, precipitano, muoiono. E i diritti tornano a essere appannaggio di chi non si scontra, ad ogni risveglio, con la precarietà di un mondo in costante tensione tra la massimizzazione del profitto e il respiro corto di lavoratori e lavoratrici in progressivo affanno.
Un tema, quello della “sicurezza sul lavoro”, che è infatti strettamente connesso alla “sicurezza del lavoro”, dal momento che spesso i rapporti di lavoro irregolari o precari possono essere una delle possibili cause dell’aumento del rischio (Collettiva): i motivi vanno dalle semplici inadempienze alla mancanza di formazione degli assunti fino ai più gravi fenomeni legati alla criminalità economica e al lavoro nero.
Ecco perché, secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), la collaborazione tra governi, datori di lavoro e parti sociali è lo strumento più efficace per salvare vite umane. Il punto, come scrive Vita, è che bisognerebbe “politicizzare” il problema, spesso trattato invece alla stregua di un problema amministrativo, statistico o tecnico. Eppure ci sono responsabilità precise, e anche se l’obiettivo di diminuire gli incidenti è dichiarato da tutti, gli strumenti per realizzarlo non sono ancora efficaci, soprattutto in un mercato del lavoro polverizzato, con sistemi di controllo e prevenzione insufficienti.
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Nel nostro paese sono in media tre al giorno le vittime sul posto di lavoro (Repubblica) |
Non solo numeri
Il 3 maggio ricorre un anno dalla morte di Luana D’Orazio, la giovane operaia del tessile di Prato stritolata da un macchinario (Repubblica). Nonostante in alcuni casi sui giornali la sua storia sia stata raccontata come quella di una mamma giovane e bella ma sfortunata, Luana d’Orazio non è morta di malasorte, ribadisce Valigia Blu. Il problema è che ricordiamo solo gli operai morti incorniciabili meglio in “frame emotivi da talk show”, ma silenziamo le vere ragioni per cui sono morti. In questo modo si produce una comunicazione emotiva che non va mai al nodo delle questioni. Perché “Luana si lamentava delle condizioni in cui lavorava”, ha raccontato la mamma a Vanity Fair. “Circa venti giorni prima una staffa dell’orditoio l’aveva sfiorata... Non immaginavamo che avessero manomesso il macchinario per aumentare la produzione”.
Secondo il rapporto “Insicuri da morire”, nel mondo ogni giorno 6.300 persone muoiono a causa di incidenti sul lavoro. In Italia nel 2021 le vittime sono state 1.221, il 12% in più rispetto alla situazione pre pandemia. E nei primi tre mesi del 2022, secondo l’Inail, le denunce di infortunio sono aumentate del 50% (Ansa). Ma i dati raccolti raccontano soltanto di una parte del problema. Molto ha anche fare con la formazione. “Una parte dei lavoratori che hanno perso la vita, anche di recente, aveva solo qualche giorno di lavoro fatto”, spiega il segretario della Fim Cisl Roberto Benaglia (Linkiesta).
E come ha spiegato Massimo Bonini, segretario della Camera del lavoro di Milano, la maggior parte degli incidenti avviene nelle aziende dove non sono presenti rappresentanze sindacali, oltre che nella catena degli appalti e subappalti. E poi “c’è una grande massa di infortuni che non viene denunciata e questo va collegato alle condizioni precarie del lavoro e all’alto tasso di lavoro grigio e nero” (Fatto Quotidiano).
Come osserva il ricercatore Vito Di Santo, “il problema principale resta il lavoro non ufficiale: tra i vari infortunati, ammalati e morti sul lavoro, vi è una parte di lavoratori a nero difficile da stimare e che sfugge a ogni statistica”. Così come spesso è difficile ricondurre gli infortuni agli incidenti sul luogo di lavoro: “sono centinaia le testimonianze di lavoratori che cadono da una serra o da un ponteggio e anziché essere soccorsi sul posto da professionisti qualificati vengono raccolti, come un sacco di patate, portati in prossimità di un ospedale e lì abbandonati con l'obbligo di non dire al personale medico dove e come si sono infortunati” riporta il sociologo Marco Omizzolo.
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Un murale dello street artist Jorit Agoch che ricorda Luana D’Orazio |
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Dove va il lavoro
Una volta tanto, in concomitanza con le celebrazioni dei lavoratori, qualcosa però sembra muoversi sul fronte politico. Certo, scrive Marco Patucchi su Repubblica, il beneficio d’inventario è d’obbligo, visto l’esito delle tante iniziative scaturite dall’“indignazione del giorno dopo” come reazione immediata ai casi più eclatanti di morti sul lavoro, salvo poi abbandonare al loro destino proposte e disegni di legge. “Lavoriamo a questo testo che modificherà norme già esistenti e ne introdurrà di nuove”, ha annunciato il presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro, Gianclaudio Bressa.
Sul testo unificato dovrebbero convergere maggioranza e opposizione, visto che tutti hanno votato la relazione intermedia della Commissione, dove emerge l’amara fotografia di un mercato del lavoro fatto di “ricerca del profitto con modalità, termini e proporzioni prevalenti sulla tutela della dignità, della salute e della sicurezza”, diffusione del delitto di intermediazione illecita di manodopera e sistemi organizzativi che scaricano “sui lavoratori e sulla loro pelle, i deficit strutturali e organizzativi dell’ambiente di lavoro” (Fatto Quotidiano).
Parole dure messe nero su bianco proprio nei giorni in cui è andato in scena il botta e risposta tra il ministro del Lavoro Andrea Orlando e il presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Orlando ha proposto di legare gli aiuti alle imprese ai rinnovi dei contratti e all’aumento dei salari in relazione all’inflazione (Manifesto). Bonomi ha parlato di “ricatto”, proponendo invece di agire con il taglio del cuneo fiscale (Corriere). Il patto sui salari tra le parti sociali sembra allontanarsi (Yahoo Finanza), mentre il tema del salario minimo resta ancora un tabù (Repubblica).
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Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini richiede l'introduzione del salario minimo (Repubblica) |
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Discutiamone
Il segretario del Pd Enrico Letta ha richiamato l’attenzione del governo sulla questione salariale e la precarietà lavorativa diffusa (Globalist), strettamente legata alla stessa sicurezza sui luoghi di lavoro (Fatto Quotidiano). Orlando ha proposto di legare il salario minimo a una legge sulla rappresentanza con una garanzia della funzione del sindacato (Repubblica). Anche nell’ottica di colpire il Far West dei cosiddetti “contratti pirata”, accordi siglati da sigle sindacali e-o datoriali poco rappresentative con il solo obiettivo di ridurre tutele e salari, e tutelare i tanti lavoratori oggi non coperti da alcun contratto nazionale (Fatto Quotidiano).
L’esempio che arriva dagli Stati Uniti, con la nascita del primo sindacato Amazon della storia per opera di un dipendente licenziato mentre organizzava una protesta, indica la strada su cui la sinistra deve recuperare terreno, ovvero l’organizzazione dei lavoratori nei luoghi di lavoro – scrive Jacobin. In un momento in cui anche Oltreoceano aumenta il tasso di sindacalizzazione (Corriere), c’è bisogno di politici che sostengono questa rinnovata spinta dal basso (Jacobin).
Un esempio virtuoso arriva proprio dall’Italia, dove il Collettivo di Fabbrica Gkn, dopo aver salvato i dipendenti dal licenziamento nello stabilimento di Campi Bisenzio, negli ultimi mesi ha girato l’Italia, costruendo sinergie con lavoratori delocalizzati, precari e in lotta. Dopo mesi di elaborazione, confronto e scrittura tra saperi operai, universitari, istituzionali e imprenditoriali, è stata creata una proposta di reindustrializzazione che delinea un modello che può essere esteso su tutto il territorio nazionale (The Submarine).
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È nato a New York il primo sindacato dei lavoratori di Amazon (Sky tg24) |
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Kevin Jerome Everson è un artista americano che lavora nel cinema, nella pittura, nella scultura e nella fotografia. Nei suoi film ritrae persone che lavorano e vivono nelle comunità della classe operaia. Molte delle sue opere si concentrano sulla migrazione di comunità di afroamericani che dal sud si muovono verso nord in cerca di lavoro.
Lampu Kansanoh è una artista thailandese. Nei suoi dipinti illustra scene di affari, vita quotidiana ed esperienze personali mescolandole con una grande immaginazione e con personaggi famosi ed eventi sociali della vita thailandese. Nel video: Otis Rush, Working Man, 1969 |
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Ripresa e resilienza? di Raffaele Brancati 20 maggio, ore 18.00 - Viale Pasubio 5, Milano Ingresso libero fino a esaurimento posti
Negli ultimi decenni all’Italia è mancata una chiara visione di sviluppo economico. Ciò ha aggravato le situazioni di disuguaglianze e povertà, tenendoci nelle secche di una stagnazione senza apparente via d'uscita. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) può essere l’occasione per tornare a immaginare uno sviluppo condiviso, rilanciando il ruolo della politica industriale. Come spiega Raffaele Brancati nel suo nuovo libro “Ripresa e resilienza?” (Donzelli Editore), per realizzare le missioni concordate a livello europeo (a partire dalla transizione verde e da quella digitale) bisogna affrontare la sfida di come indirizzare la produzione verso un benessere sostenibile e diffuso. Come possiamo contrastare le vulnerabilità del nostro sistema economico e sociale? Quali azioni mirate sono necessarie?
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Partecipano Raffaele Brancati, Direttore MET Economia Roberta Rabellotti, Università degli Studi di Pavia
Aldo Fumagalli, già Presidente del Gruppo Candy Alessandro Bonetti, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli Modera Paolo Bricco, Il Sole 24 Ore
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Diario di bordo
Su questi temi, riproponiamo l'iniziativa Rendere protagonista chi tale non nasce di venerdì 29 aprile
La politica può mantenere la promessa dell’emancipazione? Una conversazione collettiva con Andrea Orlando, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, su Lavoro e Politica.
Negli ultimi decenni all’Italia è mancata una chiara visione di sviluppo economico. Ciò ha aggravato le situazioni di disuguaglianze e povertà, tenendoci nelle secche di una stagnazione senza apparente via d’uscita. Come possiamo garantire l’emancipazione nel nostro sistema economico e sociale? Quali azioni mirate sono necessarie? → Guarda il video |
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Direttore Massimiliano Tarantino Segretario Generale Cosimo Palazzo Responsabile della ricerca
Francesco Grandi Supervisione editoriale Caterina Croce La rubrica T’immagini se è a cura di Manuela Barone Supervisione tecnica Andrea Montervino Coordinamento giornalistico
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