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Il Sole 24 Ore
RealEstate

di Paola Dezza, con Laura Cavestri e Margherita Ceci

RealEstate

Buon pomeriggio e benvenuti all’appuntamento con la newsletter di RealEstate+, che inizia con “Il Punto”, prima di offrirvi molte notizie e analisi esclusive

il punto

Tra economia debole e dazi

È la debolezza economica europea oggi a preoccupare, unitamente al ruolo che il Vecchio continente non è finora riuscito a ritagliarsi nella geopolitica mondiale.

Alcuni report in circolazione evidenziano come il 2025 sia iniziato con una crescita solida a livello mondiale, trainata dagli Stati Uniti, dove il binomio consumi-salari continua a sostenere l’economia. L’Eurozona, invece, resta debole, soprattutto in Germania, dove l’industria fatica a riprendersi, e in Italia, che resta in stagnazione con un’occupazione piatta.

E i tassi di interesse? La Bce dovrebbe ridurre ancora il costo del denaro nel tentativo di stimolare la crescita. Ci riuscirà?

Rimane pesante l’incertezza sugli effetti che avranno le politiche protezionistiche statunitensi.

In tutto questo l’immobiliare non sente crisi al momento. Basta vedere l’aumento di prezzi nelle grandi città e il rincaro degli affitti.

Proprio al tema degli affitti sarà dedicata la cover story del Lunedì in data 24 febbraio.

Paola Dezza


perspective 2025

Cbre, Il 70% degli operatori vuole investire in asset «operativi»

Si conferma per il 2025 il crescente interesse degli investitori verso l’Operational Real Estate, un settore che nell’ultimo biennio ha raggiunto quota 2,8 miliardi di euro, in crescita del 16% rispetto al biennio precedente. E’ quanto emerge da Perspective 2025, l’analisi sulle prospettive dell’immobiliare commerciale di Cbre, illustrate martedì scorso a Milano. Il settore dell’Operational Real Estate include quelle proprietà i cui flussi di cassa sono strettamente legati alle performance operative di chi le occupa. È il 70% degli investitori a dirsi interessato, soprattutto per le asset class Purpose-Built Student Accommodation, Datacentres e healthcare.

«L’operational real estate rappresenta un insieme di asset class dinamiche e strategiche per gli investitori, grazie alla sua capacità di generare valore attraverso la gestione attiva e l’innovazione dei servizi - aggiunge Silvia Gandellini, head of capital markets Italy in Cbre -. In un contesto di mercato in evoluzione, settori come student housing, hospitality e healthcare offrono opportunità significative perché allargano il concetto di investimento immobiliare in senso stretto, rispondendo a una domanda sociale strutturalmente solida, senza rinunciare ai ritorni finanziari».

Nell’agenda 2025, un’importante pagina è dedicata anche in Italia alla sostenibilità dove si osserva come le nuove norme sulla trasparenza dei rischi Esg siano oramai richieste dagli investitori stessi, non solo dal quadro normativo, rivelando anche opportunità che possono ottimizzare la performance degli asset e degli investimenti in tutta Europa.

Dall’Italian Investor Intentions Survey emerge che il 68% degli intervistati ha in programma di adeguare gli edifici esistenti per soddisfare gli standard richiesti, mentre il 60% sta acquistando o realizzando attivamente green building. Certo è che proprio la valutazione e la prevenzione dei rischi ESG giocheranno un ruolo essenziale per assicurare la qualità delle informazioni e la redditività degli investimenti, oltre che per favorire l’accesso ai finanziamenti a tassi di interesse agevolati. La valutazione dei rischi legati al cambiamento climatico sta diventando un tema ricorrente, ritenuta dal 95% degli investitori una considerazione fondamentale per orientare le proprie decisioni, un dato che va di concerto con la posizione dichiarata dal 45%, che si dice ben disposto a pagare un premio superiore al 10% per acquistare asset sostenibili.

Stando allo studio, inoltre, gli investitori utilizzano per lo più risorse proprie per adeguare gli edifici esistenti (70%), ma chiedono un supporto anche ai tenant (37%), attraverso, per esempio, clausole di green lease. In questo senso, green loan o sustainabillity-linked loan sono sempre più richiesti, in quanto considerati in grado di offrire condizioni più favorevoli rispetto ai finanziamenti tradizionali.

l’analisi di scope rating

Migliora il rifinanziamento ma restano 120 miliardi di debito

Il miglioramento delle condizioni di finanziamento è probabilmente destinato a durare, ma il settore ha ancora 120 miliardi di euro di debito sul mercato dei capitali da rinnovare tra il 2025 e il 2027, un aumento di oltre il 40% rispetto ai tre anni tra il 2022 e il 2024.

Lo sottolinea l’ultimo report sul rifinanziamento del mercato immobiliare, elaborato da da Scope Ratings, l’Agenzia di rating europea, che evidenzia come l’allentamento delle condizioni finanziarie e il rinnovato interesse degli investitori per il debito corporate hanno messo fine alla stretta finanziaria del settore immobiliare europeo, sebbene permanga una sfida significativa di rifinanziamento nel breve-medio termine. L’emissione di obbligazioni è continuata a ritmo sostenuto quest’anno, con circa 9 miliardi di euro emessi finora nel 1° trimestre, quasi la stessa cifra raccolta nello stesso periodo dello scorso anno, dopo un aumento di circa il 160% nel 2024 rispetto all’anno precedente. L’appetito degli investitori per il debito societario immobiliare è un segnale di diminuzione del rischio di rifinanziamento, che era significativamente più alto quando la stretta monetaria era in pieno svolgimento.

Una tendenza opposta è rappresentata dalle pressioni strutturali che stanno riducendo il valore degli asset in alcuni segmenti, in particolare per i proprietari di asset di secondo livello.

In Europa nel suo complesso, con costi di finanziamento da due a tre volte superiori a quelli del 2021, alcuni emittenti immobiliari europei saranno esclusi dai mercati dei capitali e dovranno ricorrere a finanziamenti garantiti, il cui prerequisito potrebbe essere una maggiore riduzione della leva finanziaria.

Milano Roma Napoli

locazioni

Affitti, rallentano Milano, Roma e Napoli, ma i canoni restano elevati

Nelle principali città italiane, l’andamento dei canoni di locazione sembra attraversare una fase di cambiamento. La domanda di affitti è sempre elevata, l’offerta sempre ridotta (a causa degli affitti brevi e di timori dei proprietari), ma, se il 2023 era stato caratterizzato da uno degli incrementi più forte degli ultimi 20 anni, il primo semestre del 2024 non ha performato altrettanto bene. È quanto emerge dall’ultima analisi dell’ufficio studi Tecnocasa, che ha confrontato i trend di affitto a Milano, Roma e Napoli.

La tipologia contrattuale più utilizzata rimane il canone concordato (42,4%), mentre il taglio più ricercato è il bilocale (41,6%). La moivazione che spinge all’affitto è, nel 66% dei casi, una scelta abitativa, mentre i tempi di locazione in media sono di 30 giorni.

Il capoluogo lombardo, nonostante l’aumento contenuto dei canoni nel primo semestre del 2024 (+2,1% per i monolocali, +2,4% per i bilocali e +2,1% per i trilocali), si conferma la città più cara d’Italia. Il costo dell’affitto ha raggiunto livelli tali da spingere alcuni proprietari a lasciare il segmento saturo e di difficile gestione dello short rent. L’offerta di immobili resta comunque limitata, ma si registra un ritorno verso i contratti a canone concordato, complice l’aggiornamento al rialzo delle tariffe da parte del Comune.

Sul fronte delle preferenze, il bilocale domina il mercato milanese, rappresentando il 54,8% delle locazioni. Il contratto a canone libero resta il più utilizzato (54,8%), mentre il motivo principale per cui si affitta è legato al lavoro (48,2%). I tempi medi di locazione si attestano sui 39 giorni, i più alti tra le tre città analizzate.

Nella Capitale, il Giubileo continua a spingere gli affitti brevi, riducendo ulteriormente l’offerta per le locazioni tradizionali. Questo fenomeno ha contribuito a una crescita più spinta, rispetto alle altre città, dei canoni nel primo semestre del 2024 (+4,3% per i monolocali, +4,1% per i bilocali e +4,9% per i trilocali).

A Roma, il bilocale è la tipologia più affittata (44,1%), e il contratto a canone concordato domina con il 65% delle preferenze. L’affitto è scelto prevalentemente per motivazioni abitative (66,7%) e i tempi medi di locazione si aggirano intorno ai 32 giorni.

Anche Napoli sta vivendo un’importante trasformazione del mercato locativo, complice il boom turistico degli ultimi anni. La forte domanda di affitti brevi ha portato a un incremento dei canoni del 2,7% per i monolocali, +3,6% per i bilocali e +3,3% per i trilocali nel primo semestre del 2024.

La città partenopea è quella in cui l’affitto per scelta abitativa è più diffuso (76,1%). Anche qui l contratto a canone concordato è il più utilizzato (47,8%) e il bilocale rappresenta il 34% delle locazioni. I tempi medi di locazione sono di 32 giorni, in linea con Roma.

edilizia

Off-site e accordi collaborativi per superare la conflittualità, ridurre i tempi e migliorare la qualità degli interventi

Il Rubner fish market di Sydney

Un modello di accordo collaborativo come formula contrattuale evoluta per gli appalti in edilizia. Se ne è parlato mercoledi, a Milano, al convegno “Costruiamo il futuro. Dall’on-site all’off-site, industrializzare per rinnovare il settore delle costruzioni”, organizzato da Tecnostrutture, in collaborazione con Harpaceas, Brioschi Sviluppo Immobiliare, Pichler e Rubner.
L’evento ha riunito investitori, produttori, progettisti e altri protagonisti del settore dell’edilizia per delineare una nuova direzione per il futuro delle costruzioni, sia proponendo nuovi strumenti contrattuali per superare la conflittualità, ridurre i tempi e migliorare la qualità dei progetti e delle costruzioni, sia evidenziando i vantaggi dell’edilizia off-site, ovvero l’industrializzazione dei processi costruttivi attraverso le tecnologie che consentono di trasferire la produzione dal cantiere (on-site) alle fabbriche (off-site).

La proposta di nuovi strumenti per ammodernare il settore si è concretizzata nella presentazione di un Position Paper – un documento condiviso e frutto di più di un anno di lavoro da parte di un team di rappresentanti dei vari attori della filiera.

Il modello proposto prevede il coinvolgimento delle imprese e della filiera produttiva nell’elaborazione del progetto esecutivo, e modalità trasparenti di determinazione dei costi e di contabilizzazione dei lavori. Al concetto di “prezzo fisso” dei tradizionali contratti a corpo si sostituiscono quelli di “prezzo obiettivo” e “prezzo massimo garantito”, attraverso regole e dispositivi che favoriscono la collaborazione tra le parti per il raggiungimento di obiettivi condivisi, e un’equa distribuzione dei rischi e dei benefici. Il coinvolgimento nella fase di sviluppo del progetto esecutivo della filiera produttiva (imprese generali, imprese specializzate, aziende della componentistica) consente di sfruttare il loro know-how tecnologico e operativo per ottimizzare costi, tempi e qualità delle realizzazioni, e favorire la costruzione off-site. Attraverso una gestione trasparente e collaborativa tra committente e imprese, e le modalità di appalto “open book – cost plus fee” si possono ridurre e gestire gli imprevisti e le varianti in corso d’opera, e sovrapporre le fasi di progettazione e costruzione riducendo i tempi complessivi di realizzazione degli edifici.

«Oggi l’appalto a corpo – spiega Eugenio Kannès, ceo di Brioschi Sviluppo Immobiliare, fautore del gruppo di lavoro che ha messo a punto il documento sugli Accordi collaborativi – prevede che l’impresa appaltatrice offra e garantisca un prezzo forfettario sulla base di un progetto esecutivo, fornito dal committente, che deve dichiarare di considerare completo ed eseguibile. In realtà i limiti di completezza e adeguatezza dei progetti costituiscono la principale causa di contenziosi e allungamento dei tempi nei cantieri, e quindi il rispetto di costi, tempi e qualità che i contratti tradizionali dovrebbero garantire è più illusorio che reale. Inoltre, i contratti tradizionali sono rigidi, mal si adattano agli eventi imprevisti – come la storia recente ci ha dimostrato – ma anche a gestire le varianti in corso d’opera, che spesso per gli operatori immobiliari costituiscono una necessità, per adeguare i progetti alle richieste del mercato.
Il modello contrattuale “Project Partnering + Cost Plus Fee” proposto richiede un maggiore impegno, ma consente di superare questi problemi, coinvolgendo la filiera produttiva nello sviluppo e ottimizzazione della progettazione, e quindi responsabilizzandola sulla sua adeguatezza, e assicurando maggiore flessibilità e possibilità di ridurre i tempi, migliorando al contempo la qualità del risultato finale».

Si pensi che, dal 2019 ad oggi, l’aumento dei costi di costruzione nell’edilizia si può calcolare in un range che va dal 30 al 50 per cento. In questo, l’industrializzazione dei processi (off-site) è la via più innovativa e veloce per rendere sostenibile il comparto delle costruzioni: garantisce la certezza dei costi, è altamente tecnologica, assicura una maggiore sicurezza, riduce i costi di manutenzione, si conforma ai criteri ESG e tutela l’ambiente.

«Abbiamo pensato l’evento di oggi – ha spiegato Franco Daniele, ceo di Tecnostrutture, azienda capofila nell’organizzazione dell’appuntamento milanese – come un’occasione per portare dei contributi concreti all’ammodernamento del settore delle costruzioni, a beneficio di tutti. L’industrializzazione off-site è l’unica strada percorribile oggi per ridurre l’impatto ambientale nelle nostre città».

Le città I trend

Residenziale

Il trilocale resta il più ambito, ma nelle grandi città cresce l’affitto

Il mercato immobiliare italiano continua a essere influenzato da una netta preferenza per il trilocale in vendita, mentre il bilocale in affitto si conferma la seconda scelta più gettonata. È quanto emerge dall’ultimo studio condotto da Immobiliare.it Insights.

Secondo l’analisi, il trilocale in vendita raccoglie il 21% delle ricerche complessive a livello nazionale, consolidando il suo primato tra gli acquirenti. Al secondo posto si posiziona il bilocale in locazione, che interessa il 17% degli utenti alla ricerca di una nuova sistemazione. Tuttavia, le preferenze variano sensibilmente a seconda delle città, riflettendo le dinamiche economiche e sociali dei diversi territori.

Nelle 12 principali città analizzate, il trilocale in vendita è la tipologia più richiesta in sette casi. A Bari, questa preferenza è particolarmente marcata, con il 32% della domanda totale incentrata su appartamenti con tre vani. Segue Roma, dove il 24% delle ricerche riguarda questa tipologia, mentre a Napoli il dato si attesta poco sopra il 20%. Catania, Venezia e Genova registrano un 18-19% di interesse per il trilocale, mentre a Palermo si nota un equilibrio tra il trilocale e il quadrilocale in vendita, entrambi al 17%.

Ma in cinque città, l’affitto prevale sull’acquisto. Milano è l’esempio più emblematico: qui il bilocale in affitto è la scelta del 28% degli utenti, seguito da Verona (26%), Torino (25%) e Bologna (20%). A Firenze, invece, la preferenza per la locazione si distribuisce equamente tra trilocali (19%) e bilocali (18%).

La tendenza a prediligere l’acquisto nei centri del Sud e l’affitto in città come Milano e Firenze è spiegata da fattori economici e finanziari. «Il 2024, specie negli ultimi mesi, ha visto un’accelerazione delle compravendite, grazie a un progressivo abbassamento dei tassi di interesse - ha spiegato Antonio Intini, chief business development officer di Immobiliare.it -. Ciò è vero soprattutto nei centri del Sud Italia, in cui i prezzi di vendita, seppur in crescita,rimangono comunque abbordabili. In altre grandi città, invece, come a Milano e Firenze, i costi da sostenere per acquistare casa rimangono difficilmente affrontabili per molti, soprattutto giovani lavoratori, ed è per questo che attualmente si punta principalmente sulla locazione, che inoltre garantisce una flessibilità maggiore in caso di necessità».

Rispetto al periodo pre-pandemico, il trilocale in vendita ha guadagnato un punto percentuale (dal 20% al 21%), mentre il bilocale in affitto ha perso due punti (dal 19% al 17%). Anche le città hanno registrato mutamenti nelle preferenze: a Milano e Bologna si è passati dalla vendita all’affitto, mentre a Genova e Venezia il fenomeno è stato inverso, con una crescita della domanda di immobili in vendita. A Firenze, pur rimanendo la locazione la scelta principale, il trilocale ha superato il bilocale rispetto al 2019.

A livello globale Il mercato italiano

il report di jll

Datacenter, entro il 2027 crescita media globale annua del 15%

L’interno di un datacenter
Immagine da Flickr

Il settore dei datacenter sta vivendo una crescita senza precedenti, alimentata principalmente dal rapido sviluppo dell’intelligenza artificiale (AI) e dalla richiesta di infrastrutture digitali per gestire grandi volumi di dati. Il recente studio di Jll “Global Data Center Outlook”, esplora le dinamiche globali della domanda e le opportunità di sviluppo di strutture sempre più efficienti, in grado di bilanciare un’elevata potenza di calcolo e l’efficienza energetica.

A livello globale, nel 2025 si prevede l’inizio dei lavori per 10 GW di capacità nei segmenti “hyperscale” e “colocation” e il completamento di 7 GW, per un valore totale di circa 170 miliardi di dollari. Sulla base dell’attuale ritmo di costruzioni e progetti, si stima che il mercato datacenter si espanda con un Cagr del 15% al 2027, arrivando potenzialmente anche fino al 20 per cento.

L’AI di nuova generazione richiede una maggiore densità dei rack , con previsioni di potenze fino a 250 kW per rack. Questo significativo aumento di potenza comporta sfide nel raffreddamento, spingendo verso soluzioni innovative come il raffreddamento a liquido e, in futuro, il raffreddamento a immersione. I data center si stanno, inoltre, evolvendo verso una maggiore efficienza spaziale ed energetica, riuscendo a concentrare una potenza significativamente superiore nello stesso spazio fisico, ottimizzando così il rapporto tra capacità computazionale e superficie occupata.

Nonostante il suo forte impatto, si prevede che nel 2030 l’AI rappresenterà meno del 50% della domanda totale dei datacenter, con workload tradizionali a minore intensità, come l’archiviazione dei dati e le applicazioni basate su cloud, che continueranno a costituire la maggior parte della richiesta.

Al momento, quello dei data center rimane un settore altamente specializzato, caratterizzato da un numero limitato di transazioni di asset ogni anno. Questa peculiarità restringe le opportunità per gli investitori tradizionali di ottenere un’esposizione diretta attraverso l’acquisizione di immobili. Inoltre, la natura altamente tecnica e capital-intensive dei data center crea notevoli barriere all’ingresso per nuovi operatori.

L’Italia, in particolare, si sta affermando come uno dei mercati emergenti più dinamici in Europa. Milano, con la sua competitività in termini di costi e disponibilità di terreni, sta attirando investimenti significativi, con attuali 238 MW IT e oltre 300 MW IT pianificati per il prossimo quinquennio, testimoniato dal fatto che le richieste di connessione a Terna superano gli 8000 MW. Parallelamente, Roma sta guadagnando terreno come potenziale hub, anche grazie ai fondi del Pnrr e ai progetti di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione. Le previsioni indicano una crescita sostanziale, con un Cagr pari al 32% nei prossimi 5 anni, evidenziando il forte dinamismo del mercato italiano.

«Il mercato italiano dei data center sta attraversando una fase di grande trasformazione. Milano, in primis, e Roma sono al centro di questo sviluppo, con un forte interesse da parte di hyperscaler e investitori internazionali - ha commentato Barbara Cominelli, amministratore delegato di Jll Italia -. L’Italia ha tutte le carte in regola per diventare una geografia strategica nel complesso dell’infrastruttura digitale europea, a condizione che riesca a bilanciare crescita, sostenibilità e innovazione tecnologica, affrontando le sfide legate all’efficientamento energetico, all’adeguamento delle infrastrutture e al rispetto delle normative ambientali».

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