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Buon pomeriggio e benvenuti all’appuntamento con la newsletter di RealEstate+, che inizia con “Il Punto”,
prima di offrirvi molte notizie e analisi esclusive
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il punto
Tra economia debole e dazi
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È la debolezza economica europea oggi a preoccupare, unitamente al ruolo che il Vecchio continente non è finora
riuscito a ritagliarsi nella geopolitica mondiale.
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Alcuni report in circolazione evidenziano come il 2025 sia iniziato con una crescita solida a livello mondiale, trainata
dagli Stati Uniti, dove il binomio consumi-salari continua a sostenere l’economia. L’Eurozona,
invece, resta debole, soprattutto in Germania, dove l’industria fatica a riprendersi, e in Italia,
che resta in stagnazione con un’occupazione piatta.
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E i tassi di interesse? La Bce dovrebbe ridurre ancora il costo del denaro nel tentativo di stimolare la crescita.
Ci riuscirà?
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Rimane pesante l’incertezza sugli effetti che avranno le politiche protezionistiche statunitensi.
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In tutto questo l’immobiliare non sente crisi al momento. Basta vedere l’aumento di prezzi nelle grandi città
e il rincaro degli affitti.
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Proprio al tema degli affitti sarà dedicata la cover story del Lunedì in data 24 febbraio.
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Paola Dezza
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perspective 2025
Cbre, Il 70% degli operatori vuole investire in asset «operativi»
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Si conferma per il 2025 il crescente interesse degli investitori verso l’Operational Real Estate, un settore che nell’ultimo biennio ha raggiunto quota 2,8 miliardi di euro, in crescita del 16% rispetto
al biennio precedente. E’ quanto emerge da Perspective 2025, l’analisi sulle prospettive dell’immobiliare
commerciale di Cbre, illustrate martedì scorso a Milano. Il settore dell’Operational Real Estate include quelle proprietà i cui flussi di cassa sono strettamente legati alle performance operative di chi le occupa.
È il 70% degli investitori a dirsi interessato, soprattutto per le asset class Purpose-Built Student Accommodation, Datacentres e healthcare.
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«L’operational real estate rappresenta un insieme di asset class dinamiche e strategiche per gli investitori,
grazie alla sua capacità di generare valore attraverso la gestione attiva e l’innovazione dei servizi - aggiunge
Silvia Gandellini, head of capital markets Italy in Cbre -. In un contesto di mercato in evoluzione, settori
come student housing, hospitality e healthcare offrono opportunità significative perché allargano il concetto
di investimento immobiliare in senso stretto, rispondendo a una domanda sociale strutturalmente solida, senza rinunciare
ai ritorni finanziari».
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Nell’agenda 2025, un’importante pagina è dedicata anche in Italia alla sostenibilità dove si osserva
come le nuove norme sulla trasparenza dei rischi Esg siano oramai richieste dagli investitori stessi, non solo dal quadro
normativo, rivelando anche opportunità che possono ottimizzare la performance degli asset e degli investimenti in
tutta Europa.
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Dall’Italian Investor Intentions Survey emerge che il 68% degli intervistati ha in programma di adeguare gli edifici esistenti per soddisfare gli standard richiesti,
mentre il 60% sta acquistando o realizzando attivamente green building. Certo è che proprio la valutazione e
la prevenzione dei rischi ESG giocheranno un ruolo essenziale per assicurare la qualità delle informazioni e la redditività
degli investimenti, oltre che per favorire l’accesso ai finanziamenti a tassi di interesse agevolati. La valutazione
dei rischi legati al cambiamento climatico sta diventando un tema ricorrente, ritenuta dal 95% degli investitori una
considerazione fondamentale per orientare le proprie decisioni, un dato che va di concerto con la posizione dichiarata
dal 45%, che si dice ben disposto a pagare un premio superiore al 10% per acquistare asset sostenibili.
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Stando allo studio, inoltre, gli investitori utilizzano per lo più risorse proprie per adeguare gli edifici esistenti
(70%), ma chiedono un supporto anche ai tenant (37%), attraverso, per esempio, clausole
di green lease. In questo senso, green loan o sustainabillity-linked loan sono sempre più richiesti,
in quanto considerati in grado di offrire condizioni più favorevoli rispetto ai finanziamenti tradizionali.
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l’analisi di scope rating
Migliora il rifinanziamento ma restano 120 miliardi di debito
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Il miglioramento delle condizioni di finanziamento è probabilmente destinato a durare, ma il settore ha ancora 120
miliardi di euro di debito sul mercato dei capitali da rinnovare tra il 2025 e il 2027, un aumento di oltre il 40%
rispetto ai tre anni tra il 2022 e il 2024.
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Lo sottolinea l’ultimo report sul rifinanziamento del mercato immobiliare, elaborato da da Scope Ratings, l’Agenzia
di rating europea, che evidenzia come l’allentamento delle condizioni finanziarie e il rinnovato interesse degli
investitori per il debito corporate hanno messo fine alla stretta finanziaria del settore immobiliare europeo, sebbene
permanga una sfida significativa di rifinanziamento nel breve-medio termine. L’emissione di obbligazioni è
continuata a ritmo sostenuto quest’anno, con circa 9 miliardi di euro emessi finora nel 1° trimestre, quasi
la stessa cifra raccolta nello stesso periodo dello scorso anno, dopo un aumento di circa il 160% nel 2024 rispetto
all’anno precedente. L’appetito degli investitori per il debito societario immobiliare è un segnale di
diminuzione del rischio di rifinanziamento, che era significativamente più alto quando la stretta monetaria era in
pieno svolgimento.
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Una tendenza opposta è rappresentata dalle pressioni strutturali che stanno riducendo il valore degli asset in alcuni
segmenti, in particolare per i proprietari di asset di secondo livello.
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In Europa nel suo complesso, con costi di finanziamento da due a tre volte superiori a quelli del 2021, alcuni emittenti
immobiliari europei saranno esclusi dai mercati dei capitali e dovranno ricorrere a finanziamenti garantiti, il cui prerequisito
potrebbe essere una maggiore riduzione della leva finanziaria.
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locazioni
Affitti, rallentano Milano, Roma e Napoli, ma i canoni restano elevati
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Nelle principali città italiane, l’andamento dei canoni di locazione sembra attraversare una fase di cambiamento.
La domanda di affitti è sempre elevata, l’offerta sempre ridotta (a causa degli affitti brevi e di timori
dei proprietari), ma, se il 2023 era stato caratterizzato da uno degli incrementi più forte degli ultimi
20 anni, il primo semestre del 2024 non ha performato altrettanto bene. È quanto emerge dall’ultima analisi
dell’ufficio studi Tecnocasa, che ha confrontato i trend di affitto a Milano, Roma e Napoli.
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La tipologia contrattuale più utilizzata rimane il canone concordato (42,4%), mentre il taglio più
ricercato è il bilocale (41,6%). La moivazione che spinge all’affitto è, nel 66%
dei casi, una scelta abitativa, mentre i tempi di locazione in media sono di 30 giorni.
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Milano
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Il capoluogo lombardo, nonostante l’aumento contenuto dei canoni nel primo semestre del 2024 (+2,1%
per i monolocali, +2,4% per i bilocali e +2,1% per i trilocali), si conferma la città
più cara d’Italia. Il costo dell’affitto ha raggiunto livelli tali da spingere alcuni proprietari a lasciare
il segmento saturo e di difficile gestione dello short rent. L’offerta di immobili resta comunque limitata,
ma si registra un ritorno verso i contratti a canone concordato, complice l’aggiornamento al rialzo delle tariffe
da parte del Comune.
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Sul fronte delle preferenze, il bilocale domina il mercato milanese, rappresentando il 54,8% delle locazioni.
Il contratto a canone libero resta il più utilizzato (54,8%), mentre il motivo principale per cui
si affitta è legato al lavoro (48,2%). I tempi medi di locazione si attestano sui 39 giorni,
i più alti tra le tre città analizzate.
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Roma
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Nella Capitale, il Giubileo continua a spingere gli affitti brevi, riducendo ulteriormente l’offerta per le
locazioni tradizionali. Questo fenomeno ha contribuito a una crescita più spinta, rispetto alle altre città,
dei canoni nel primo semestre del 2024 (+4,3% per i monolocali, +4,1% per i bilocali e +4,9%
per i trilocali).
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A Roma, il bilocale è la tipologia più affittata (44,1%), e il contratto a canone concordato
domina con il 65% delle preferenze. L’affitto è scelto prevalentemente per motivazioni abitative (66,7%)
e i tempi medi di locazione si aggirano intorno ai 32 giorni.
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Napoli
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Anche Napoli sta vivendo un’importante trasformazione del mercato locativo, complice il boom turistico degli ultimi
anni. La forte domanda di affitti brevi ha portato a un incremento dei canoni del 2,7% per i monolocali, +3,6%
per i bilocali e +3,3% per i trilocali nel primo semestre del 2024.
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La città partenopea è quella in cui l’affitto per scelta abitativa è più diffuso (76,1%).
Anche qui l contratto a canone concordato è il più utilizzato (47,8%) e il bilocale rappresenta
il 34% delle locazioni. I tempi medi di locazione sono di 32 giorni, in linea con Roma.
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edilizia
Off-site e accordi collaborativi per superare la conflittualità, ridurre i tempi e migliorare la qualità
degli interventi
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Il Rubner fish market di Sydney
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Un modello di accordo collaborativo come formula contrattuale evoluta per gli appalti in edilizia. Se ne è parlato
mercoledi, a Milano, al convegno “Costruiamo il futuro. Dall’on-site all’off-site,
industrializzare per rinnovare il settore delle costruzioni”, organizzato da Tecnostrutture, in collaborazione
con Harpaceas, Brioschi Sviluppo Immobiliare, Pichler e Rubner. L’evento ha riunito investitori, produttori, progettisti e altri protagonisti del settore dell’edilizia
per delineare una nuova direzione per il futuro delle costruzioni, sia proponendo nuovi strumenti contrattuali per superare
la conflittualità, ridurre i tempi e migliorare la qualità dei progetti e delle costruzioni, sia evidenziando
i vantaggi dell’edilizia off-site, ovvero l’industrializzazione dei processi costruttivi attraverso le
tecnologie che consentono di trasferire la produzione dal cantiere (on-site) alle fabbriche (off-site).
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La proposta di nuovi strumenti per ammodernare il settore si è concretizzata nella presentazione di un Position Paper
– un documento condiviso e frutto di più di un anno di lavoro da parte di un team di rappresentanti dei vari attori
della filiera.
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Il modello proposto prevede il coinvolgimento delle imprese e della filiera produttiva nell’elaborazione del progetto
esecutivo, e modalità trasparenti di determinazione dei costi e di contabilizzazione dei lavori. Al concetto
di “prezzo fisso” dei tradizionali contratti a corpo si sostituiscono quelli di “prezzo obiettivo”
e “prezzo massimo garantito”, attraverso regole e dispositivi che favoriscono la collaborazione tra le parti
per il raggiungimento di obiettivi condivisi, e un’equa distribuzione dei rischi e dei benefici. Il coinvolgimento
nella fase di sviluppo del progetto esecutivo della filiera produttiva (imprese generali, imprese specializzate,
aziende della componentistica) consente di sfruttare il loro know-how tecnologico e operativo per ottimizzare costi,
tempi e qualità delle realizzazioni, e favorire la costruzione off-site. Attraverso una gestione trasparente e collaborativa tra committente e imprese, e le modalità di appalto “open book – cost plus fee” si possono ridurre e gestire gli imprevisti e le varianti in corso d’opera, e sovrapporre le fasi di progettazione
e costruzione riducendo i tempi complessivi di realizzazione degli edifici.
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«Oggi l’appalto a corpo – spiega Eugenio Kannès, ceo di Brioschi Sviluppo Immobiliare, fautore
del gruppo di lavoro che ha messo a punto il documento sugli Accordi collaborativi – prevede che l’impresa appaltatrice
offra e garantisca un prezzo forfettario sulla base di un progetto esecutivo, fornito dal committente, che deve dichiarare
di considerare completo ed eseguibile. In realtà i limiti di completezza e adeguatezza dei progetti costituiscono
la principale causa di contenziosi e allungamento dei tempi nei cantieri, e quindi il rispetto di costi, tempi e qualità
che i contratti tradizionali dovrebbero garantire è più illusorio che reale. Inoltre, i contratti tradizionali
sono rigidi, mal si adattano agli eventi imprevisti – come la storia recente ci ha dimostrato – ma anche a
gestire le varianti in corso d’opera, che spesso per gli operatori immobiliari costituiscono una necessità,
per adeguare i progetti alle richieste del mercato. Il modello contrattuale “Project Partnering + Cost Plus Fee” proposto richiede un maggiore impegno, ma
consente di superare questi problemi, coinvolgendo la filiera produttiva nello sviluppo e ottimizzazione della progettazione,
e quindi responsabilizzandola sulla sua adeguatezza, e assicurando maggiore flessibilità e possibilità di ridurre
i tempi, migliorando al contempo la qualità del risultato finale».
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Si pensi che, dal 2019 ad oggi, l’aumento dei costi di costruzione nell’edilizia si può calcolare
in un range che va dal 30 al 50 per cento. In questo, l’industrializzazione dei processi (off-site) è la via più innovativa e veloce per rendere sostenibile il comparto delle costruzioni: garantisce la
certezza dei costi, è altamente tecnologica, assicura una maggiore sicurezza, riduce i costi di manutenzione,
si conforma ai criteri ESG e tutela l’ambiente.
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«Abbiamo pensato l’evento di oggi – ha spiegato Franco Daniele, ceo di Tecnostrutture, azienda capofila
nell’organizzazione dell’appuntamento milanese – come un’occasione per portare dei contributi concreti
all’ammodernamento del settore delle costruzioni, a beneficio di tutti. L’industrializzazione off-site è l’unica strada percorribile oggi per ridurre l’impatto ambientale nelle nostre città».
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Residenziale
Il trilocale resta il più ambito, ma nelle grandi città cresce l’affitto
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Il mercato immobiliare italiano continua a essere influenzato da una netta preferenza per il trilocale in vendita, mentre
il bilocale in affitto si conferma la seconda scelta più gettonata. È quanto emerge dall’ultimo studio
condotto da Immobiliare.it Insights.
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Secondo l’analisi, il trilocale in vendita raccoglie il 21% delle ricerche complessive a livello nazionale,
consolidando il suo primato tra gli acquirenti. Al secondo posto si posiziona il bilocale in locazione, che interessa
il 17% degli utenti alla ricerca di una nuova sistemazione. Tuttavia, le preferenze variano sensibilmente a seconda
delle città, riflettendo le dinamiche economiche e sociali dei diversi territori.
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Le città
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Nelle 12 principali città analizzate, il trilocale in vendita è la tipologia più richiesta in sette casi.
A Bari, questa preferenza è particolarmente marcata, con il 32% della domanda totale incentrata su appartamenti
con tre vani. Segue Roma, dove il 24% delle ricerche riguarda questa tipologia, mentre a Napoli il dato si
attesta poco sopra il 20%. Catania, Venezia e Genova registrano un 18-19% di interesse per il trilocale,
mentre a Palermo si nota un equilibrio tra il trilocale e il quadrilocale in vendita, entrambi al 17%.
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Ma in cinque città, l’affitto prevale sull’acquisto. Milano è l’esempio più emblematico:
qui il bilocale in affitto è la scelta del 28% degli utenti, seguito da Verona (26%), Torino
(25%) e Bologna (20%). A Firenze, invece, la preferenza per la locazione si distribuisce
equamente tra trilocali (19%) e bilocali (18%).
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I trend
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La tendenza a prediligere l’acquisto nei centri del Sud e l’affitto in città come Milano e Firenze è
spiegata da fattori economici e finanziari. «Il 2024, specie negli ultimi mesi, ha visto un’accelerazione
delle compravendite, grazie a un progressivo abbassamento dei tassi di interesse - ha spiegato Antonio Intini,
chief business development officer di Immobiliare.it -. Ciò è vero soprattutto nei centri del Sud Italia,
in cui i prezzi di vendita, seppur in crescita,rimangono comunque abbordabili. In altre grandi città,
invece, come a Milano e Firenze, i costi da sostenere per acquistare casa rimangono difficilmente affrontabili per
molti, soprattutto giovani lavoratori, ed è per questo che attualmente si punta principalmente sulla locazione,
che inoltre garantisce una flessibilità maggiore in caso di necessità».
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Rispetto al periodo pre-pandemico, il trilocale in vendita ha guadagnato un punto percentuale (dal 20% al
21%), mentre il bilocale in affitto ha perso due punti (dal 19% al 17%). Anche le città
hanno registrato mutamenti nelle preferenze: a Milano e Bologna si è passati dalla vendita all’affitto,
mentre a Genova e Venezia il fenomeno è stato inverso, con una crescita della domanda di immobili in vendita.
A Firenze, pur rimanendo la locazione la scelta principale, il trilocale ha superato il bilocale rispetto al 2019.
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il report di jll
Datacenter, entro il 2027 crescita media globale annua del 15%
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L’interno di un datacenter Immagine da Flickr
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Il settore dei datacenter sta vivendo una crescita senza precedenti, alimentata principalmente dal rapido sviluppo dell’intelligenza
artificiale (AI) e dalla richiesta di infrastrutture digitali per gestire grandi volumi di dati. Il recente studio
di Jll “Global Data Center Outlook”, esplora le dinamiche globali della domanda e le opportunità di sviluppo di strutture sempre più efficienti,
in grado di bilanciare un’elevata potenza di calcolo e l’efficienza energetica.
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A livello globale
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A livello globale, nel 2025 si prevede l’inizio dei lavori per 10 GW di capacità nei segmenti “hyperscale”
e “colocation” e il completamento di 7 GW, per un valore totale di circa 170 miliardi di dollari. Sulla
base dell’attuale ritmo di costruzioni e progetti, si stima che il mercato datacenter si espanda con un Cagr del
15% al 2027, arrivando potenzialmente anche fino al 20 per cento.
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L’AI di nuova generazione richiede una maggiore densità dei rack , con previsioni di potenze fino a 250 kW
per rack. Questo significativo aumento di potenza comporta sfide nel raffreddamento, spingendo verso soluzioni innovative
come il raffreddamento a liquido e, in futuro, il raffreddamento a immersione. I data center si stanno, inoltre,
evolvendo verso una maggiore efficienza spaziale ed energetica, riuscendo a concentrare una potenza significativamente
superiore nello stesso spazio fisico, ottimizzando così il rapporto tra capacità computazionale e superficie
occupata.
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Nonostante il suo forte impatto, si prevede che nel 2030 l’AI rappresenterà meno del 50% della domanda
totale dei datacenter, con workload tradizionali a minore intensità, come l’archiviazione dei dati e le
applicazioni basate su cloud, che continueranno a costituire la maggior parte della richiesta.
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Al momento, quello dei data center rimane un settore altamente specializzato, caratterizzato da un numero limitato
di transazioni di asset ogni anno. Questa peculiarità restringe le opportunità per gli investitori tradizionali
di ottenere un’esposizione diretta attraverso l’acquisizione di immobili. Inoltre, la natura altamente
tecnica e capital-intensive dei data center crea notevoli barriere all’ingresso per nuovi operatori.
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Il mercato italiano
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L’Italia, in particolare, si sta affermando come uno dei mercati emergenti più dinamici in Europa.
Milano, con la sua competitività in termini di costi e disponibilità di terreni, sta attirando investimenti
significativi, con attuali 238 MW IT e oltre 300 MW IT pianificati per il prossimo quinquennio, testimoniato dal fatto
che le richieste di connessione a Terna superano gli 8000 MW. Parallelamente, Roma sta guadagnando terreno come potenziale
hub, anche grazie ai fondi del Pnrr e ai progetti di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione. Le previsioni
indicano una crescita sostanziale, con un Cagr pari al 32% nei prossimi 5 anni, evidenziando il forte dinamismo
del mercato italiano.
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«Il mercato italiano dei data center sta attraversando una fase di grande trasformazione. Milano, in primis,
e Roma sono al centro di questo sviluppo, con un forte interesse da parte di hyperscaler e investitori internazionali
- ha commentato Barbara Cominelli, amministratore delegato di Jll Italia -. L’Italia ha tutte le carte
in regola per diventare una geografia strategica nel complesso dell’infrastruttura digitale europea, a condizione
che riesca a bilanciare crescita, sostenibilità e innovazione tecnologica, affrontando le sfide legate all’efficientamento
energetico, all’adeguamento delle infrastrutture e al rispetto delle normative ambientali».
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Tre articoli che, forse, ti sei perso
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- Tecma, partner tech per la vendita delle nuove residenze Four Seasons a Miami
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- Cbre, nel 2024 investiti 10 miliardi nel commercial real estate (+47% in un anno)
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- Arabia Saudita, una Trump Tower a Gedda. Gli appartamenti li vende Gabetti Middle East
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