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Buon pomeriggio e benvenuti all’appuntamento con la newsletter di RealEstate+, che inizia con “Il Punto”,
prima di offrirvi molte notizie e analisi esclusive
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il punto
Roma scommette su hotel e capitali. Ma servono infrastrutture
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La cronica mancanza di studentati, la pressante domanda del turismo statunitense (e in generale alto-spendente)
per brand dell’hôtellerie dagli standard internazionali, la partita - ancora aperta - per la grande
operazione di rigenerazione urbana che riguarda l’ex caserma Guido Reni. I grandi capitali guardano alle opportunità
che la città di Roma offre: living e hospitality. Ma sullo sfondo ci sono anche uffici e datacenter, che
sono catalizzatori d’interesse.
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Di questo si è parlato all’evento di martedì scorso del Sole 24Ore su «Investire in Roma 2024».
«I capitali arrivano e le transazioni aumentano, dopo un periodo critico post Covid - ha detto Giuseppe Amitrano,
ceo di Dils - Confido che il 2025 sia l’anno del cambiamento. Scommettiamo su un volume di investimento tra
3 e 4 miliardi di euro per il prossimo anno in città».
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Tuttavia, la buona volontà, l’ambizione di aprirsi ai capitali, anche internazionali, si scontra
però con un dialogo tra privato e pubblica amministrazione che ancora fatica a trovare un punto di caduta tra il legittimo
interesse pubblico (anche a coinvolgere gli investitori e i fondi nelle iniziative di social housing e abitazioni alla
portata dei redditi medio-bassi) e quelli dei privati che devono comunque assicurare dei ritorni adeguati agli investitori.
Ritorni che i costi di costruzione, gli oneri, i tempi - biblici e incerti - di realizzo delle opere non sempre
assicurano, facendo venir meno le possibilità di finanziamento.
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Non solo. Non bastano i ristoranti stellati e la Spa con vista monumenti se poi, oltre la porta girevole dell’hotel,
non si trova un taxi, la metro non funziona, le attese diventano eterne. Questo chiama in causa i servizi pubblici,
le infrastrutture. Una città che aspira ad attirare un target elevato di turisti (che abbiano soprattutto voglia
di tornare), ad ospitare grandi eventi, ad attrarre giovani residenti deve investire sulla qualità di vita
di tutti. Senza questo tassello, continuerà a rincorrere le latre capotali europee (e anche Milano),
restando una grande incompiuta.
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Laura Cavestri
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LOCAZIONI
Affitti in corsa, dimezzate le tempistiche soprattutto al Sud
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Veduta aerea di Palermo al tramonto
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Non solo a Milano: le locazioni vanno via sempre più velocemente sul tutto il territorio nazionale. Rispetto
al pre-pandemia, la stima per gli affitti vede una riduzione delle tempistiche di oltre il 40%, passando da
4,3 mesi di media del 2019 ai 2,6 attuali. È quanto emerge dalle anlisi di Immobiliare.it Insights,
la proptech company del gruppo. A spingere gli “affitti veloci” è probabilmente anche il contesto attuale,
in cui la difficoltà per le famiglie nell’accedere al credito fa preferire soluzioni temporanee nell’attesa
di poter acquistare.
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Ad accelerare maggiormente sono le città del Sud Italia, con Palermo in testa: qui le locazioni si sono velocizzate
del 52%, passando da una media di 4,4 mesi a 2,1. Anche il mercato di Napoli è piuttosto dinamico,
con un -48% dei tempi; ci vogliono infatti due mesi in meno per affittare una casa rispetto al 2019 (da 4,1
a 2,1 mesi).Riduzione del 44%, poi per Bari (da 4,5 a 2,5 mesi) e del 43% a Catania
(da 4,2 a 2,3 mesi).
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«Lo stato attuale del mercato immobiliare, con mutui meno accessibili e prezzi di compravendita in costante salita,
insieme all’esigenza di maggiore flessibilità, soprattutto di quelle categorie, come studenti e giovani
lavoratori, che non vogliono ancora impegnarsi nell’acquisto di una casa, hanno condotto a una progressiva crescita
dell’interesse per l’affitto – ha detto Antonio Intini, chief business development officer di Immobiliare.it
–. Di conseguenza, i tempi di locazione si sono fortemente accorciati in quasi tutta la Penisola, e lo hanno
fatto soprattutto in quelle aree, vedasi le grandi città del Meridione, che nel 2019 presentavano tempistiche
piuttosto dilatate rispetto al resto d’Italia e avevano dunque una margine di riduzione maggiore».
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Le altre città
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Il velocizzarsi dei tempi di affitto si vede comunque anche in diverse città del Nord Italia, come Genova (-38%),
dove attualmente una soluzione si affitta in 2,6 mesi, mentre nel 2019 ne servivano 4,3. Diminuzioni sopra
i 30 punti percentuali anche a Torino (-37%), con una medi di 2,4 mesi, a fronte dei 3,7 di
cinque anni fa.
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Vicine Milano e Bologna: nella città della Madonnina un’abitazione proposta in locazione esce dal mercato in
2,2 mesi di media, con una diminuzione nelle tempistiche pari al 35 per cento. Leggermente più veloce la
città dell’Alma Mater, 2,1 mesi, che segna un -34% rispetto al periodo prepandemico. A
Roma invece ci vogliono 2,4 mesi di media per locare una casa, con i tempi medi che si riducono del 28% rispetto
al 2019.
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Diminuzioni più contenute per Verona e Firenze, che presentano tempistiche di affitto superiori ai 3 mesi (3,4
e 3,6 mesi di media): nella città di Giulietta i tempi si sono ridotti del 15%, mentre in quella
del David del 7 per cento. Ma tra le città considerate ce n’è una dove i tempi, invece di diminuire,
aumentano. Si tratta di Venezia, passata da 3,5 mesi nel 2019 ai 3,7 odierni (aumento del 6 per cento).
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Il caso Venezia
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«Seppur in diminuzione rispetto allo scorso anno, quando superavano i 4 mesi di media, le tempistiche di locazione
a Venezia rimangono elevate, decisamente superiori alla media delle altre grandi città considerate – ha spiegato
Intini – Questo perché, nonostante per diversi indicatori segua la tendenza immobiliare del resto del Paese,
la città lagunare presenta alcune peculiarità nel comparto degli affitti, soprattutto a causa dell’influenza
della locazione turistica, molto diffusa nel capoluogo veneto, che ha inevitabilmente delle ripercussioni anche sul
mercato degli affitti tradizionali».
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SOSTENIBILITA’
Valutazioni Esg, per DeA tre stelle su cinque
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ESG environmental social governance business strategy investing concept. Businessman pressing button on screen.
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Una media di 84 punti su 100: è il risultato portato a casa dai 17 fondi di investimento alternativi (Fia)
di DeA Capital Real Estate esaminati dal Gresb (Global Real Estate Sustainability Benchmark), il sistema di rating
maggiormente accreditato a livello globale per il benchmarking e il reporting Edg di società immobiliari quotate,
fondi di investimento, sviluppatori e investitori del settore immobiliare.
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I dati sono quelli del 2023, e confermano la media del rating in stelle di 3 punti su 5. Inoltre, sui 17 Fia ben
14 si posizionano nelle prime 10 posizioni tra i “peers” del ranking italiano, e tra questi tre nelle prime
tre posizioni.
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I fondi con cui DeA ha partecipato alla valutazione sono: Aetmosphere, Altair, Civitas Vitae, Diamond Core,
Diamond Italian Properties, Drive, HighGarden, Housing Sociale Liguria, Laurus, Logita, Lumiere,
Milan Development 1, Millennium Luxury, Park West, HS Roma Santa Palomba, Tessalo ed il Comparto A della SICAF
AREEF 2.
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Inoltre, due di questi hanno partecipato sottoponendo un doppio questionario (development e performance),
portando a 19 le valutazioni ottenute. Le asset class dei prodotti partecipanti spaziano dall’housing sociale,
al residenziale, all’entertainment, al comparto healthcare ed a quelli office e retail.
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Nella sezione “management”, la valutazione scende di un punto rispetto all’anno scorso, piazzandosi
a 28 punti su 30, ma conferma come le tematiche Esg siano fortemente radicate nella strategia aziendale e puntualmente
implementate nella propria governance, anche per ciò che concerne la gestione degli asset.
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Normativa
Cohousing, dal notariato le linee guida per i contratti
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Il fenomeno del senior cohousing o del cohousing intergenerazionale (la coabitazione tra anziani oppure tra anziani e
giovani) aspetta dei chiarimenti normativi per la stesura contrattuale. Il Consiglio nazionale del Notariato è
venuto in aiuto, cercando di dare delle prime risposte a quest’esigenza emergente di disciplina con lo attraverso
lo studio n. 54-2024/P «Accordi di convivenza solidale tra anziani», a cura della commissione Studi Pubblicistici.
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La legge 33/2023 aveva riconosciuto espressamente il senior cohousing e il cohousing intergenerazionale, delegando
il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi, finalizzati ad attuare diverse misure in materia di politiche
in favore delle persone anziane, anche di tipo abitativo. La scelta del cohousing, in tutte le sue declinazioni,
offre numerosi vantaggi quali la riduzione del consumo del suolo, un contributo significativo alla rigenerazione urbana
mediante la riqualificazione ecosostenibile dell’esistente patrimonio immobiliare, una notevole diminuzione dei
costi di vita, maggiore sicurezza, miglior assistenza e un incremento dell’interazione sociale. Benefici
che si traducono in un impatto positivo sulla qualità della vita degli anziani, contribuendo contestualmente alla
creazione di una società più coesa e solidale.
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Secondo le stime Istat infatti, la quota di individui di 65 anni o più passerà dal 23,5% (2021)
al 34,9% nel 2050. Inoltre, tra circa 20 anni vi saranno 10,2 milioni di persone vivranno da sole,
mentre nel 2041 il numero di persone sole con 65 anni o più rappresenterà il 60% del della popolazione,
pari a circa 10,2 milioni (incremento del 20% rispetto al 2021). Dati che comporteranno il ricorso sempre
più frequente a fenomeni di coliving, visto il numero di persone anziane in case di proprietà spesso molto
grandi per le loro esigenze, svuotatesi nel corso degli anni, non più rispondenti alla funzione di casa per il
nucleo familiare originario.
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Alla base di queste convivenze c’è un progetto di residenzialità in comune, una “comunità intenzionale”
di abitanti che, dopo essersi scelti, si organizzano per creare una realtà comunitaria capace di migliorare la
qualità della vita di tutti i membri. Esistono modelli di cohousing privato, qualora l’immobile sia di
proprietà di uno o più coabitanti o di un terzo, e pubblico, quando sono gli enti pubblici ad avviare progetti
di co-residenzialità.
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Ma quali sono le tipologie contrattuali cui fare riferimento? Oggi il contratto di cohousing può essere attuato attraverso
la compravendita, in cui ciascun residente è proprietario o comproprietario dell’immobile in cohousing,
o attraverso la locazione, in caso di appartenenza dell’immobile a un terzo che lo concede in locazione ai cohousers
o il comodato d’uso gratuito.
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Ai contratti è necessario affiancare un regolamento interno della coabitazione che vada a disciplinare alcuni aspetti
cruciali come i requisiti di partecipazione alla coabitazione, la gestione dei servizi comuni, le eventuali modifiche
contrattuali dovute a recesso, morte o sopravvenuta infermità di uno dei coabitanti.
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Attraverso la stipula di un atto pubblico o di una scrittura privata autenticata, il notaio potrebbe conferire ai contratti
di cohousing i requisiti di sicurezza necessaria per una convivenza armoniosa e prolungata nel tempo. Tuttavia, affinché
queste soluzioni abitative possano svilupparsi in modo efficace e sostenibile, il Notariato promuove l’intervento
del legislatore affinché venga configurata una regolamentazione chiara che tenga conto delle specifiche esigenze emergenti.
La disciplina normativa potrebbe quindi:
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· individuare il titolo di godimento dell’immobile;
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· stabilire che per “coabitanti solidali” si intendono due o più persone maggiorenni, non unite
stabilmente da legami affettivi di coppia o di reciproca assistenza morale e materiale e non vincolate da matrimonio o da
un’unione civile;
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· stabilire che la costituzione, la modifica e l’estinzione del contratto è redatto, a pena di nullità,
con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio e deve essere trascritto nei registri immobiliari.
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· individuare il contenuto minimo del contratto di senior cohousing che, salvo diverso accordo tra le parti,
dovrebbe contenere: un progetto di residenzialità in comune; le modalità di contribuzione alle necessità
della vita in comune; la spontaneità dell’adesione, la durata e la regolamentazione dell’adesione
successiva;
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· le modalità e le cause di estinzione del contratto;
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· prevedere che il coabitante solidale possa essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno del coabitante
che, in tutto o in parte, divenga privo di autonomia durante la convivenza.
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mercato
Residenziale, sfide e opportunità dal primo semestre
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Segnali di ripresa dopo la frenata del 2023 per il residenziale italiano. Le compravendite hanno raggiunto le 341.094
unità, con una flessione del 2,8% rispetto al 2023, mentre i prezzi sono aumentati dello 0,9%
nelle grandi città, con Firenze al vertice (+3,2 per cento).
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I dati e l’analisi arrivano dall’Ufficio studi di Tecnocasa, e vedono un mercato spinto dai ribassi dei tassi
operati dalla Bce, che hanno spinto i potenziali acquirenti ad affacciarsi più fiduciosi sul mercato. L’offerta
però rimane limitata, spesso di bassa qualità, anche a causa di uno sviluppo edilizio che non tiene il passo
della domanda.
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«Per il 2024 - dicono dall’ufficio studi - le prospettive per il mercato immobiliare sono orientate su
un leggero ribasso delle compravendite, che dovrebbero chiudere intorno a 690 mila scambi e su una crescita dei prezzi
tra +1% e +3 per cento. I ribassi dei tassi sono un’iniezione di fiducia per i potenziali acquirenti
che, visti anche i livelli elevati raggiunti dai canoni di locazione, potrebbero spingersi verso l’acquisto.
La sfida che rappresenta anche un’opportunità per il mercato immobiliare è perseguire la sostenibilità
senza trascurare il riequilibrio sociale, in un contesto sempre più incerto e in veloce evoluzione».
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Compravendite ancora in flessione, soprattutto nelle città capoluogo, in cui la contrazione dei volumi è
stata del 3,8%. Ribasso del 2,3% invece per le città non capoluogo, che presentano prezzi più
accessibili.
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Il trilocale rimane la tipologia più richiesta, raccogliendo il 40,2% della domanda. Seguono bilocale,
con il 25,5%, e il quattro locali con il 22,1 per cento. Fa eccezione Milano, dove il bilocale spadroneggia
con il 46,6% di richieste.
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Per quanto riguarda i prezzi, l’aumento generale semestrale per le grandi città non raggiunge il punto percentuale
(0,9 per cento). Milano però chiude con un +1,3%, dietro Firenze con il 3,2%.
L’hinterland delle grandi città e i capoluoghi di Provincia chiudono invece con +1%. Bene i comuni
della Provincia di Bari e Palermo. Rallenta la crescita dei prezzi nell’hinterland di Milano che continua comunque
ad attrarre acquirenti residenti in città. Tra i capoluoghi i cui prezzi sono cresciuti più della media si segnalano
Siracusa, Ferrara, La Spezia e L’Aquila.
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Il nuovo continua ad attrarre: per le nuove abitazioni l’aumento semestrale è dell’1,1%,
spinto anche dai mutui green.
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I tempi di vendita stanno sui 105 giorni per le grandi città, con tempi più lunghi a Genova (138 giorni)
e Palermo (128). Più veloci Milano (81) e Bologna (68), che comunque rallentano rispettivamente
di 13 e 12 giorni sul 2023. Media di 146 giorni invece per l’hinterland delle metropoli. Lo sconto medio non
subisce variazioni e rimane all’8 per cento.
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Per quanto riguarda invece le locazioni, i canoni continuano a crescere: +3,9% per i monolocali, +
4% per i bilocali e +3% per i trilocali. La domanda di locazione tiene e continua a fare i conti con la carenza
di offerta. I canoni sono in aumento in tutte le grandi città ma, in modo particolare, a Bari e Roma,
città in cui i proprietari ricorrono spesso agli affitti brevi. Nel capoluogo romano in particolare, l’attesa
per il Giubileo sta acuendo il fenomeno. Rallenta la crescita dei canoni invece a Milano.
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Credito
Mutui in ripresa, ottimismo per fine anno
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Nel corso dei primi nove mesi del 2024, la domanda di mutui in Italia ha registrato una ripresa significativa, con
un aumento del 7,2% sul 2023. Un trend positivo, quello presentato dal barometro di Crif, che vede il
dato mensile di settembre salire addirittura del 19 per cento.
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Nonostante le difficoltà legate al rialzo dei tassi di interesse per fronteggiare l’inflazione post pandemica,
il mercato dei mutui sembra beneficiare di una politica monetaria che potrebbe tornare ad essere più espansiva entro
la fine dell’anno. Nel Q3 del 2024, l’importo medio richiesto subisce un leggero aumento rispetto al Q3
2023 (+1,6%), raggiungendo i 146.469 euro; stesso trend registrato sul singolo mese di settembre
(+1,8%).
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«Con possibili ulteriori tagli dei tassi per fine anno si nota maggiore fiducia nelle famiglie italiane, che ritornano
a programmare spese di lungo periodo - spiega Simone Capecchi, executive director di Crif -. Un altro volano
per il comparto dei mutui immobiliari sarà quello dell’effetto della Direttiva Case Green (Epbd). Dal
nostro osservatorio prevediamo infatti che i finanziamenti green raggiungeranno nel 2030 percentuali che oscillano tra il
24-30% e nel 2050 più di un mutuo su due sarà verde».
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Per quanto riguarda la distribuzione per fascia di importo, nei primi nove mesi del 2024 le richieste di mutuo per importi
compresi tra 100 mila e 150 mila euro restano ancora la soluzione preferita dalle famiglie italiane (30,5% del
totale). Se analizziamo la fascia di età, invece, emerge che i richiedenti tra i 25 e i 44 anni sono
il 61,3% del totale, mentre il 32,8% è composto dai 45-64 anni.
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Nel I semestre dell’anno il fenomeno delle surroghe segna un +17,6%, mentre i nuovi mutui erogati si
sono contratti del -10,5 per cento. I piani di rimborso dilazionati sono i preferiti: quasi 9 richieste su
10 prevedono piani dai 10 anni in su. La scelta preferita dalle famiglie rimane quindi quella dei finanziamenti rateizzati
nel tempo per non appesantire il bilancio familiare.
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Verso la stabilizzazione dei tassi
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In Europa, l’ultimo ciclo di rialzi della Bce ha visto i tassi di interesse raggiungere il picco alla fine del 2023.
La contrazione delle compravendite ha quindi portato a un calo degli investimenti immobiliari del 51% nello scorso anno,
raggiungendo il livello più basso dal 2010, con una diminuzione media del 30% dei valori immobiliari (dati
Cbre). Tuttavia, l’attesa è quella di un recupero non appena i tassi si stabilizzeranno o scenderanno,
secondo le previsioni per la fine dell’anno.
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Oltreoceano la situazione non è molto diversa. Negli Stati Uniti, la Federal Reserve ha intrapreso una serie
di aumenti dei tassi di interesse nel 2023 per contenere l’inflazione, portando il tasso sui mutui fissi a 30 anni
al 7,8%, il livello più alto degli ultimi vent’anni. una situazione che ha portato alla riduzione
significativa delle compravendite. Tuttavia, anche in questo caso gli analisti prevedono un taglio dei tassi entro
fine anno che potrebbe stimolare la domanda.
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