|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
– di Marco Carminati
|
|
|
|
|
|
|
|
Gabriele Pedullà recensisce il volume di James Hankins “La politica della virtù. Formare la persona e
formare lo Stato nel Rinascimento italiano” (Viella) definito dalla critica un «capolavoro magistrale»
e «forse il più importante studio mai scritto sul pensiero politico del Rinascimento» alla sua uscita due anni
fa in inglese. In effetti il volume di Hankins segna uno spartiacque e divide la ricerca sulla teoria politica della prima
età moderna in un prima e un dopo. In cosa consiste questa rottura? Nel XX secolo gli specialisti hanno raccontato
il pensiero politico del Rinascimento come scontro frontale tra sostenitori delle repubbliche e dei principati. Da un
lato gli amanti della libertà, dall'altro i propagandisti prezzolati del despotismo tirannico: in qualche
caso addirittura in un'anticipazione della lotta tra le democrazie occidentali e Adolf Hitler. Negli ultimi venti
anni, però, diversi studiosi hanno cominciato a contestare questa lettura. Troppi elementi non tornano.
Anzitutto, è introvabile la contrapposizione tra repubbliche e principati cara agli storici novecenteschi: per
gli umanisti la cesura corre infatti piuttosto tra le forme di governo rette, come la repubblica e il principato,
e il governo illegittimo dei tiranni, i quali, invece di perseguire il bene comune, si preoccupano solo del tornaconto
personale. Questo vuol dire che massima cura va posta nell'educazione di coloro che, in virtù dei loro illustri
natali, sono destinati a rivestire le cariche pubbliche. Ed è precisamente a tale moralizzazione della politica
che gli umanisti – in parte loro stessi tutori e docenti – indirizzarono le loro energie, nel tentativo di
aiutare i futuri leader, indifferentemente repubblicani e principeschi, a liberarsi delle pulsioni egoistiche attraverso
l'esempio degli antichi. Anzitutto nell'interesse dei loro sudditi.
|
 |
|
Signoria. Pedro Berruguete (o Giusto di Gand), «Ritratto di Federico da Montefeltro con il figlio
Guidobaldo», 1475 circa
|
|
|
|
|
|
|
Che il libro sia destinato a venire discusso a lungo. È soprattutto una delle tesi di Hankins a suscitare perplessità.
Secondo lo studioso di Harvard, l'umanesimo politico sarebbe una forma di meritocrazia finalizzata a promuovere il
governo dei migliori. Nonostante gli umanisti aprissero eccezionalmente le porte delle loro scuole a qualche ragazzo del
popolo di particolare talento, la ricerca storica ci dice però che a beneficiare del loro curriculum di studi improntato
alla assimilazione dei classici furono quasi unicamente i rampolli della classe dirigente del tempo. Ciò non deve
sorprendere: ai cultori del mondo greco e romano, infatti, non interessava tanto selezionare i più meritevoli
quanto rendere più degni dal punto di vista morale coloro che, per nascita, erano chiamati a prendere in mano
un giorno le redini dello Stato. Nella pratica, attribuendo alla nuova pedagogia il potere di rendere i governanti
virtuosi, gli umanisti finirono così per offrire soprattutto una potente legittimazione delle vecchie gerarchie in
un momento di crisi dei grandi poteri universali del Papato e dell'Impero. Le implicazioni elitiste del libro di Hankins
sono evidenti. Non sorprende, perciò, che una delle obiezioni più solide alla virtue politics rimanga
quella che agli umanisti rivolse un irriducibile sostenitore del governo popolare come Machiavelli: nessuna autoproclamata
aristocrazia della virtù è davvero tale, dal momento che, con pochissime eccezioni, alla prova dei fatti
«tutti equalmente errano» (cioè fanno il proprio interesse) «quando tutti sanza rispetto»
(ossia impunemente) «possono errare».
|
|
|
Terza pagina
|
|
|
L'affascinante storia dei profumi che Giuseppe Squillace indaga scavando nelle opere di eruditi, medici, oratori
e poeti, che si soffermano su luoghi e modi di produzione di spezie, aromi, piante e sostanze aromatiche.
E sui loro prosperi commerci di Carlo Carena
|
|
|
Letteratura
|
|
|
Un memorabile «magazzino» di appunti, spunti, abbozzi, ritagli e semilavorati di Piergiorgio Bellocchio,
tratti da duecento agende manoscritte, numerate e ordinate con la massima cura di Gino Ruozzi
|
|
|
Storia e storia
|
|
|
A 120 anni dalla nascita di Ada Gobetti, il ritratto di una protagonista della Resistenza e della Torino liberata,
in prima linea per i diritti delle donne, direttrice del «Giornale dei genitori» di Eliana Di Caro
|
|
|
Architettura
|
|
|
Milano. Presentato il progetto della BEIC vinto dal team meneghino Onsitestudio e Baukuh: due padiglioni «total
green» di forma trapezoidale, lunghi 75 metri e alti 33 di Gabriele Neri
|
|
|
Tempo liberato
|
|
|
Storia del tifo: l'evoluzione di un fenomeno sociale che negli anni Venti del Novecento venne definito pericolosa
e contagiosa malattia. Ma il legame con una squadra o un campione è molto di più, quasi una religione con
i suoi riti di Angelo Varni
|
|