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DOPO LA SENTENZA DI KARLSRUHE
Ci sarà pure un giudice in Europa
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Il presidente della Corte costituzionale Andreas Vosskuhle (AFP)
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Le sentenze delle corti non sono sempre dei capolavori di chiarezza. Eppure è stato più facile del solito decifrare
quella emessa il 5 maggio dalla Corte costituzionale federale di Karlsruhe, la città del Baden-Württemberg diventata improvvisamente familiare anche al pubblico italiano.
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Dietro ai tecnicismi, la richiesta alla Bce di giustificare entro tre mesi la «proporzionalità» del suo
quantitative easing (qui un recap del verdetto) ha creato almeno due ordini di problemi.
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Da un lato l’ipotesi di uscita dal programma della Bundesbank, primo azionista della Bce, con impatti di tutta evidenza sull’economia continentale e i vari bazooka attivati
prima da Mario Draghi e ora da Christine Lagarde.
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Dall’altro, un conflitto con pochi precedenti nel diritto europeo tra la Corte tedesca e la Corte di giustizia europea, visto che i giudici di Karlsruhe hanno di fatto sconfessato il verdetto già espresso dal massimo tribunale comunitario
sulla stessa questione.
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Per approfondire/L’altolà della Corte tedesca sul Qe è un campanello d’allarme per la Bce
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Nell’immediato, non si attendono scosse particolari. La Bce, come racconta qui Isabella Bufacchi, ha replicato che «andrà avanti imperterrita» nel suo programma, dando conto solo al Parlamento europeo delle sue strategie.
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La Corte di giustizia ha ribadito il primato del suo parere rispetto a tribunali subordinati, incluso quello di Karlsruhe: «Solo la Corte di giustizia istituita a tal fine dagli Stati membri - ha affermato - è competente a constatare che un atto di un'istituzione
dell'Unione è contrario al diritto dell'Unione».
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Tutto bene? Non esattamente, visto che il problema va più a fondo rispetto al “solo” futuro dei
programmi di allentamento quantitativo o le gerarchie della giurisprudenza comunitaria. L’affondo della Corte tedesca,
spiega bene Adriana Cerretelli, ha messo in dubbio l’indipendenza della Bce e affermato il principio di sovranità
nazionale contro (e sopra) quello del diritto comunitario.
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Uno strappo che rischia di alimentare un lungo effetto-domino di conseguenze, da un assist alle forze sovraniste di
tutta Europa a uno scontro fra istituzioni capace di minare ulteriormente la tenuta del progetto comunitario. Il Covid-19 starà pure facendo male alla
Ue, esacerbando le tensioni venute a galla nelle strategie di contrasto alla crisi (vedi sotto). Ma i suoi
problemi nascevano prima, e non si risolveranno dopo la fin dell’epidemia.
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Ogni Stato membro potrà spendere fino al 2% del Pil per finanziare la lotta al Coronavirus, ottenendo finanziamenti a tassi agevolati con durata decennale e senza condizionalità di alcun tipo da parte del fondo salva-Stati per l'erogazone dei prestiti, a differenza di quanto avvenuto in
passato per i salvataggi di Stati membri come la Grecia.
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I prestiti agli Stati del Meccanismo europeo di stabilità saranno pienamente operativi dal giugno. Per l'Italia
sono potenzialmente disponibili 36 miliardi di euro.
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A proposito... ● Perché il Mes conviene all’Italia? ● Deflazione o prezzi in forte rialzo, come sarà la ripresa dell’economia?
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più indigeste: il braccio esecutivo della Ue prevede un tonfo del 9,5% del Pil italiano nel 2020, a fronte di una discesa dell’economia comunitaria del 7,7% del Pil.
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Il 2021 sarà segnato un rimbalzo complessivo del 6,3% per l’Europa e del 6,5% per l’Italia. Meglio contenere gli entusiasmi, però. Come scrive Beda Romano, «la ripresa italiana è migliore
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Bruxelles vuole un’agenzia europea contro il riciclaggio La libera circolazione dei capitali può avere effetti collaterali. Ad esempio il riciclaggio di denaro sporco, miccia di diversi scandali bancari nel Vecchio continente. La Commissione europea ha annunciato giovedì 7 maggio
l'intenzione di proporre la nascita di una nuova agenzia comunitaria dedicata alla sorveglianza e al contrasto del fenomeno gestito, per ora, a livello nazionale. Nel
frattempo, Bruxelles appronterà un codice unico di regole da applicare a livello europeo. Qui i dettagli.
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Spread, tutti i perché di una settimana sull’ottovolante
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